Lo smart working apre le porte ai pirati del web? Difendiamoci così
Il Web moltiplica le sue trappole, anche grazie al Covid. I pc escono dall’ambiente protetto degli uffici, le reti si aprono ai mille rivoli della connettività diffusa. Qualcuno ne approfitta. E la sicurezza informatica da remoto è a rischio, più di ieri e forse meno di domani. I tranelli crescono in maniera allarmante, avvertono gli esperti: il “phishing” delle mail fraudolente che scrutano i dati personali, i virus che si “agganciano” ai programmi che scarichiamo o perfino alle semplici pagine Web che incautamente apriamo senza sapere dove stiamo navigando. In ufficio ci salvano (non sempre) le procedure aziendali, gestite da professionisti. A casa siamo meno sicuri, perché meno protetti ma anche perché siamo maledettamente incauti. Le insidie aumentano, ma fortunatamente aumentano anche gli strumenti per difendersi. A patto di mettere in atto le dovute cautele per prevenire il peggio.
In questa rapida guida ecco due esempi di cosa può accadere e di come dobbiamo, o dovremmo, comportarci. Il primo esempio riguarda l’attacco: ecco l’ultima trappola che si è diffusa con gran velocità nel mondo di Internet sfruttando come incolpevole “veicolo” il celeberrimo e diffusissimo Microsoft Office. Il secondo esempio riguarda invece la difesa: ecco un test a disposizione di tutti per verificare quanto ne sappiamo di sicurezza informatica e che cosa dobbiamo fare (o non fare) per alzare le barriere.
Anticipiamo subito le conclusioni. Una buona pratica di sicurezza informatica personale esige innanzitutto due cose: mantenere costantemente aggiornato l’intero ecosistema del nostro computer (l’hardware, il sistema operativo e il software, ovvero i programmi) e usare una consapevole prudenza, sia quando apriamo le e-mail di cui non conosciamo in maniera assolutamente certa la provenienza sia quando navighiamo su siti non “certificati” o dalla nostra esperienza passata o con altri sistemi che qui di seguito vi illustreremo.
L’inganno si traveste da Office
Guai a rispondere con troppa disinvoltura a una richiesta di login, tipicamente contenuta in un messaggio di posta elettronica con un allegato (un avviso di pagamento o una fattura, falsi) che riproduce quella utilizzata da Microsoft per l’accesso ai suoi prodotti. L’imbroglio, un “phishing” confezionato piuttosto bene perché la procedura è stata in grado di eludere molti meccanismi di controllo anti-malware anche delle aziende, ha cominciato a diffondersi nell’agosto scorso e dura tutt’ora. È un classico tentativo di furto d’identità, simile a tanti altri. La vittima inserisce le sue credenziali che vanno ad alimentare il data base fraudolento dell’organizzazione dei pirati, che avrebbe finora raccolto almeno un migliaio di credenziali di accesso a Office 365 utilizzati a livello professionale. Non solo: i pirati con l’occasione avrebbero raccolto un buon numero di credenziali ancor più delicate: quelle per l’accesso ai sistemi aziendali, visto che molti utenti utilizzano incautamente le stesse credenziali per più account. Una pratica che andrebbe evitata nella maniera più assoluta.
Il dato solo apparentemente consolante, ma in realtà ancor più preoccupante, è che la frode è emersa perché alcuni esperti sicurezza informatica hanno scoperto che gli aggressori hanno commesso a loro volta un errore. Hanno infatti pubblicato sul Web una parte degli elenchi di utenti e relative password carpite, senza utilizzare i nascondigli del cosiddetto “dark Web”, attivando automaticamente gli algoritmi di indicizzazione di Google e consentendo così a tutti la ricerca e la consultazione del bottino. Il messaggio è inquietante: i pirati sono stati scoperti perché si sono fatti scoprire, e se non avessero commesso un errore (magari volutamente, per testare a loro volta chissà quali procedure ancor più sofisticate) la frode sarebbe rimasta nascosta ancora a lungo. Impariamo la lezione: oltre a differenziare le credenziali di accesso dei vari servizi (account aziendali, banche ecc.) cambiamole con una certa frequenza, e comunque immediatamente se abbiamo anche un vago sospetto che possano essere state trafugate.
Tra le mille cautele che bisognerebbe mettere sempre in atto per fronteggiare e prevenire gli attacchi ne indichiamo due, che possono essere considerate la base per una buona pratica: il modo per controllare la “pulizia” e la sicurezza del sito Web che vogliamo consultare (perdendo qualche secondo prima di cliccarci sopra, ma ne vale la pena) e un test per capire a che punto sono le nostre cognizioni sulla sicurezza informatica, sui suoi tranelli e sulle contromosse da adottare. Mettiamola così: il controllo a caldo del sito a noi sconosciuto rappresenta una difesa di primo livello (insieme alla differenziazione dei codici di accesso per i vari servizi) che sarebbe bene attuare sempre e comunque, mentre il test ci può aiutare a metterci in riga con una serie combinata di accorgimenti e soprattutto di atteggiamenti da tenere.