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I dati aziendali sono quotidianamente esposti a cyber attacchi di ogni tipo. I ransomware, i cosiddetti virus “sequestra PC” che criptano l’intero contenuto dell’hard disk e poi chiedono il pagamento di un riscatto per decifrarlo, e il cryptomining, cioè l’utilizzo di software per la creazione di cryptovalute installati all’insaputa delle vittime con lo scopo di sfruttare la potenza di calcolo del suo computer, insieme al più tradizionale phishing sono solo alcuni degli attacchi informatici più in voga negli ultimi tempi.
Attacchi che stanno diventando sempre più sofisticati e “silenziosi”, cioè difficili da intercettare e bloccare a causa di tecniche di offuscamento e persistenza sempre più evolute.
Secondo le stime Clusit il numero di attacchi gravi (cioè capaci di portare danni finanziari o d’immagine oltre il milione di euro) alla sicurezza informatica in Italia è quasi raddoppiato nel corso di soli 4 anni. Nel 2019, gli stessi esperti del Clusit hanno individuato un incremento del +8,3% rispetto al numero di attacchi gravi registrati nel 2018, una percentuale in forte crescita se comparata all’anno 2017 dove si raggiungeva il 51.
È inoltre interessante notare come il 43% dei cyber attacchi mira a piccole e medie imprese: un dato notevole, se si considera che il tessuto produttivo italiano è fatto sostanzialmente da PMI, che costituiscono una realtà numericamente molto significativa.
E se è vero che l’azienda Enterprise è in grado di strutturarsi internamente per stare a passo con le esigenze di cyber security, la media e piccola impresa non è capace di farlo in autonomia, in considerazione del fatto che il budget di spesa a disposizione per la sicurezza informatica è notevolmente differente.
Purtroppo, poi, tra le PMI vi è l’illusione che, avendo un fatturato meno appetibile rispetto alle organizzazioni Enterprise, non finiranno nel mirino degli attacchi informatici. Tutt’altro: i criminal hacker colpiscono obiettivi più “semplici” e quindi più vulnerabili perché ciò garantisce loro un ritorno dell’investimento più alto rispetto allo sforzo fatto. Spesso, inoltre, proprio le piccole e medie imprese rappresentano una comoda porta di ingresso (scarsamente o del tutto non presidiata) per accedere alle infrastrutture delle grandi organizzazioni con le quali collaborano magari in veste di ditte fornitrici.
Preoccupante, inoltre, sapere che il 48% degli attacchi ha successo a causa dell’impreparazione del personale aziendale.
Ai cyber attacchi si aggiungono anche i casi di perdite di dati dovuti essenzialmente al malfunzionamento delle apparecchiature elettroniche, al furto o alla sottrazione di queste stesse apparecchiature e alla copia non autorizzata di informazioni riservate.
Addirittura, dal Global Risks Report 2020 del World Economic Forum si evince che la frode di dati sensibili e i cyber attacchi sono classificati, rispettivamente, al sesto e al settimo posto in ordine di probabilità di accadimento dopo eventi meteorologici estremi, cambiamento climatico, danni e disastri ambientali causati dall’uomo, perdita della biodiversità e catastrofi naturali gravi.